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sabato 18 luglio 2009

Ridere dei gay? E' molto peggio l'ipocrisia

Ffwebmagazine
18 luglio 2009

In Italia deve ancora arrivare (l’uscita nelle sale è prevista per ottobre) ma Bruno, l’ultimo film di Sacha Baron Cohen, ha fatto già discutere mezzo mondo. Primo ai botteghini americani (30,5 milioni di dollari nel primo weekend di programmazione), la pellicola del creatore di Borat ha innescato, forse ad arte, una polemica dal sapore antico, che fa a pugni con l’impostazione politically correct di questo inizio di secolo: si può ridere dei gay?

Sembrerebbe una domanda retorica, dalla risposta affermativa pressoché scontata. Se non fosse, però, che si va a toccare uno dei nervi scoperti della società, un tema che paradossalmente può essere ancora considerato un tabù. Bruno, il protagonista del film, è un giornalista di moda gay e fashion victim, che ripropone in chiave esasperata lo stereotipo dell’omosessuale effeminato, appariscente, disimpegnato e superficiale. Né più né meno, insomma, dell’immagine che i media usano ancora oggi quando vogliono mostrare al loro pubblico l’universo gay. E allora le polemiche da cosa nascono? Cosa si contesta a Baron Cohen? Secondo alcuni gruppi di attivisti omosessuali americani e inglesi, il rischio sarebbe quello di tornare indietro e di perdere tutto ciò che di positivo aveva fatto il “movimento” per cancellare l’immagine macchiettistica dei gay, facendo irrigidire il pubblico eterosessuale e cancellando gli effetti dello sdoganamento graduale dell’universo Glbt.

Ma se, come dicevamo prima, l’immagine mediatica che i gay danno di se stessi è molto simile a Bruno, il problema qual è? Forse è semplicemente il fatto che Sacha Baron Choen è eterosessuale e quindi non è “legittimato” a sfottere i gay. In fondo, fino a pochi anni fa, il giusto senso di colpa della società aveva provocato qualcosa di simile nei confronti degli ebrei. Solo gli stessi ebrei potevano permettersi satira, battute e comicità sul loro mondo. Gli altri dovevano trattare il tema con la massima cautela, per non rischiare di essere tacciati di antisemitismo. Successe una cosa simile persino al Benigni de La vita è bella, criticato all’epoca da più parti per aver ridicolizzato e banalizzato la Shoah.

Si tratta, oggi come allora, di un eccesso di zelo buonista. Non perché non si debba rispettare la battaglia che da quarant’anni (dalla rivolta dello Stonewall in poi) i gay stanno combattendo per l’affermazione dei loro diritti più essenziali. Però è ridicola l’attenzione quasi maniacale nei confronti di minoranze che non dovrebbero essere alla ricerca sfrenata del bollino di tutela, nemmeno fossero gli ultimi panda delle foreste cinesi. L’universo gay, che è ovviamente molto più complesso e sfaccettato di come si autorappresenta, non deve aver paura di un film come quello di Sacha Baron Cohen. Paradossalmente, al contrario, il successo che in pochi giorni la pellicola ha riscosso dimostra che l’omosessualità non è più un argomento da evitare.

Quarant’anni fa era impensabile un’operazione cinematografico-commerciale come questa. E la satira un po’ greve e dozzinale del comico inglese non scalfisce le conquiste di una lotta lunga e dolorosa. Dovrebbero preoccuparsi, piuttosto, i residui sussulti omofobici che percorrono la nostra società. Come i partecipanti a una manifestazione a favore della Proposition 8 (la proposta che ha proibito i matrimoni gay in California) che stavano quasi per linciare Baron Cohen davanti alle telecamere.

Si può ridere dei gay, insomma? Sì, anzi si deve. Perché la sacrosanta voglia di normalità che pervade gli omosessuali di tutto il mondo (la stragrande maggioranza dei quali non si sente affatto rappresentata dalle associazioni di “categoria”) passa anche attraverso l’autoironia. Anche perché ciò non equivale a rappresentare tutti i gay come Bruno. Ed è altrettanto lapalissiano che deve continuare l’impegno per i diritti civili in tutti i paesi che discriminano, in maniera più o meno grave, le persone omosessuali. E nel nostro paese servirebbero dieci, cento, mille Bruno per schiaffeggiare finalmente il torpore ipocrita che su questo tema attanaglia la società e le forze politiche. Tutte, nessuna esclusa.

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