Ffwebmagazine
2 giugno 2010
La mania dei "No qualcosa Day" colpisce anche la televisione. Magie dell'era di facebook, dove un'iniziativa nasce in sordina e, se pubblicizzata bene, diventa un'onda gigantesca che si trasforma in evento. Nato come No tv day, e poi modificato in un più novecentesco e sindacale "Sciopero dei telespettatori”, ha già raccolto quasi 175mila adesioni. Numeri di un certo rilievo, bisogna ammetterlo, anche se su Facebook non è poi un boom così clamoroso. Basti pensare, giusto per fare un esempio restando nel campo televisivo, che la pagina ufficiale di Mauro Marin (l'ultimo vincitore del Grande Fratello) ha quasi 500mila fan.
Dicevamo dello sciopero dei telespettatori, dunque. Incuriositi da una mobilitazione così imponente e, a quanto risulta, spontanea, ci siamo messi in contatto con il fondatore della pagina. Ci aspettavamo una task force di arrabbiati critici e invece, sorpresa, l'idea è di un venticinquenne milanese (al quale si è poi accodata un'associazione) che, «tornando a casa dal lavoro e facendo un po' di zapping sui soliti programmi» ha immaginato la tv come «un fitto albero con diversi rami che rappresentano i canali tv e un vasto numero di foglie che sono le trasmissioni, telegiornali e tutto quello che ci propinano ogni giorno. Vedendo questo albero all'interno di una stagione l’associazione è caduta sull’autunno, con programmi privi di una linfa di intelligenza come foglie secche». La metafora è comprensibile, anche se un po' contorta, ma il discorso si fa più interessante quando l'anonimo ribelle anticatodico (su facebook la sua pagina si chiama "Anche io ho smesso di guardare la tv") traccia un paragone tra tv e internet: «Le informazioni che la rete può dare hanno un potenziale infinito rispetto a una tv che ha un rapporto con chi la guarda di solo download. Quando noi apriamo una pagina su internet scarichiamo dei kb che ci mostrano la pagina web e quando scriviamo una parola su Google inviamo dei kb. Il rapporto è di invio e ricezione. È democratico perchè si interagisce. Con la tv, invece, il rapporto è unilaterale. Ricevo solo quello che vogliono i gestori delle tv». Già, non fa una piega. Sulla tv la pensavano così decine di massmediologi, ma la dicotomia download/upload non è niente male.
Il problema, però, è che organizzare uno sciopero del telespettare di sabato e domenica (26 e 27 giugno) ci sembra una scelta che oseremmo definire "paracula". Lo share nel week-end crolla come la temperatura arrivando sull'altopiano di Asiago, quindi non ci pare un'iniziativa coraggiosa, a esser sinceri. Se poi aggiungiamo che siamo a giugno e che sono già finiti campionato, varietà del sabato sera e contenitori domenicali, il quadro è completo. E cosa vogliono ottenere gli scioperanti della domenica? Leggendo le info su facebook si capisce poco. Ma cerchiamo di essere clementi: in fondo si tratta pur sempre di una iniziativa spontanea, dal basso, figlia dello spontaneismo (velleitario o meno, decidete voi) internettiano.
Scherzi a parte, di problemi la tv ne ha fin troppi. Lo sappiamo e lo abbiamo più volte sottolineato nei mesi scorsi. Non ci sembra che basti un'iniziativa così, però, a risolverli. Innanzitutto perché non sono efficati (vedi il flop del No Facebook day, nato e morto proprio sul social network). E poi perché i dirigenti delle nostre televisioni facebook non sanno nemmeno cos'è (purtroppo).
Dello sciopero dei telespettatori, però, salviamo la buona volontà. Almeno c'è qualche decina di migliaia di persone che vorrebbe una televisione migliore, meno superficiale e volgare. Facciamolo capire ai dirigenti televisivi. Fuori da facebook, possibilmente.
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