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sabato 25 ottobre 2008

Il Gossip di Stato dei laburisti

L’isola di Corfù, uno yacht, qualche miliardario e un paio di politici influenti. Sono questi gli ingredienti dello scandalo, o presunto tale, che sta scuotendo la politica inglese. Nell’occhio del ciclone sono finiti i conservatori, che sembrano (o sembravano?) destinati a tornare trionfalmente a Downing Street alle prossime elezioni generali.
Tutto è cominciato con una lettera di Nathaniel Rothschild al Times, nella quale il miliardario rendeva conto di quattro incontri (avvenuti nel giro di un weekend) tra il multimiliardario russo Deripaska e il cancelliere ombra George Osborne. Poco male, fatti suoi. E invece no, se è vero che Osborne, nel corso degli incontri, avrebbe chiesto un finanziamento illecito al Partito Conservatore di 50.
000 sterline. In realtà pare che sia tutto un enorme polverone per screditare i lanciatissimi Tories. La “donazione”, proibita in Inghilterra se proveniente da cittadini stranieri, non c’è stata e di conseguenza “nessuna legge è stata violata”, come ha affermato persino il laburista Tony Wright, in controtendenza rispetto al suo partito e allo stesso Gordon Brown, che già ha chiesto a gran voce un’inchiesta del Parlamento.
Inchiesta o meno, il polverone è stato già fomentato a dovere da media e politici laburisti.
David Cameron, leader tory e probabile prossimo primo ministro, ha difeso strenuamente l’operato del suo cancelliere-ombra, negando con fermezza qualsiasi addebito a lui attribuibile. Ma in Inghilterra, evidentemente, basta una flebile voce per scatenare un urlo disumano. La base conservatrice non ha apprezzato il presunto scandalo e da più parti si chiedono le dimissioni di Osborne da cancelliere-ombra.
E anche la vecchia guardia tory sembra non aver gradito. Molti protagonisti dell’epoca Thatcher, ad esempio, hanno espresso il loro disappunto per una vicenda che macchia l’onore del partito conservatore. L’inconsistenza delle accuse è così evidente che probabilmente i conservatori stanno tentando soltanto di evitare grane in vista delle prossime elezioni.
Dopo 11 anni di opposizione, vogliono comprensibilmente stravincere. Fa riflettere non poco, piuttosto, l’uscita di Rothschild. Il miliardario, amico di vecchia data di Osborne, ha probabilmente preso parte a una specie di “complotto” politico mirato a screditare i tories. Resta da capire l’effetto che questa vicenda riuscirà a provocare.
E’ pressoché impossibile, tuttavia, che il polverone maturato in terra greca possa scalfire le probabilità di vittoria dei conservatori alle prossime elezioni. Con buona pace di Gordon Brown e di chi sperava in un tardivo colpo di coda.

mercoledì 15 ottobre 2008

Al Maliki è convinto che le truppe inglesi non servano più

L'Opinione
15 ottobre 2008

“Grazie, ma non ci servite più”. E’ chiaro il messaggio di Nouri Al Maliki, primo ministro iracheno, nei confronti delle truppe inglesi presenti nel Sud del Paese. La presa di posizione, attraverso un’intervista concessa al Times, ha avuto molta eco sui giornali d’oltremanica, e da molti è stata considerata come un segno di ingratitudine verso un esercito che ha lasciato sul campo, dal 2003 ad oggi, 176 vittime.
La decisione di ridurre drasticamente la presenza britannica in Iraq era già stata pianificata da Gordon Brown. Entro il prossimo anno, infatti, la maggior parte delle unità inglesi (4000 uomini) torneranno a casa, lasciando solo un piccolo gruppo che non sarà impegnato nei combattimenti, ma solo nel supporto alle truppe locali.
Tuttavia, i negoziati per il ritiro tra Baghdad e Londra non sono ancora iniziati e solo dal 31 dicembre, data in cui terminerà il mandato del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, le truppe straniere dovranno rinegoziare la loro presenza o lasciare il Paese. Anche su questo punto al Maliki è stato perentorio: “Una volta che il mandato Onu terminerà, le forze britanniche perderanno la loro copertura legale e dovranno lasciare l’Iraq”.
Ma sotto accusa è soprattutto la gestione della zona di Bassora, che negli ultimi tempi è stata di nuovo presa d’assalto da ribelli, milizie irregolari e bande di criminali.
A scatenare la ripresa della guerriglia, secondo al Maliki, è stata la decisione presa lo scorso anno, e giudicata prematura dal primo ministro di Baghdad, di spostare le truppe da un palazzo in centro all’aeroporto della città. “I soldati inglesi si sono chiamati fuori dal confronto militare e questo ha permesso a miliziani e criminali di riprendere il controllo della città”.
Al Maliki, tuttavia, sa che non può fare a meno del supporto inglese e si esibisce in un goffo equilibrismo dialettico: “Nonostante i disaccordi su alcune questioni, l’Iraq è aperto alle compagnie e aziende britanniche”. Le reazioni all’intervista dei lettori inglesi sono di diverso segno.
Molti sono sempre stati contrari all’intervento, tutto qua. C’è anche chi, però, chiede garanzie al governo di Baghdad. La loro richiesta, in sostanza, è la seguente: “Il primo ministro ci dimostri di volere e sapere badare al suo popolo. Ci mostri come intende ricostruire l’economia, come difendere i cittadini iracheni dai terroristi.
Se ci riuscirà andremo via con molto piacere. Ma fino a quel momento, l’esercito inglese rimarrà lì, a difendere il diritto alla democrazia dell’Iraq e del suo popolo”.

giovedì 2 ottobre 2008

Sulla crisi finanziaria i Tories collaborano con Gordon Brown

L'Opinione
2 ottobre 2008

“I will not play politics with economy”. E’ stato chiaro David Cameron, arrembante leader dei Tories e probabile prossimo inquilino di Downing Street. Nessuna speculazione politica, dunque, infetterà la già difficile situazione economica d’Oltremanica. Al contrario, durante una conferenza stampa che ha interrotto la convention conservatrice di Birmingham, Cameron ha annunciato che il suo partito è pronto a collaborare con il governo di Gordon Brown per affrontare le catastrofi recenti della finanza mondiale.
“Siamo tutti sulla stessa barca e tutti insieme troveremo una strada per superare la crisi”. Più che ai preoccupatissimi banchieri, Cameron si è rivolto soprattutto alla gente comune, assicurando un impegno continuo e costante per salvare risparmi e posti di lavoro. Prima le tasche dei cittadini, dunque, e poi i grandi colossi finanziari che continuano pericolosamente a traballare anche nella City.
Ma in un periodo in cui tutti sembrano rifugiarsi negli effimeri stratagemmi dell’intervento statale, il leader conservatore ha voluto precisare che rimane un sostenitore del libero mercato, del quale si conoscono “forze e debolezze”.
Questa crisi, ha continuato, “non deve essere usata per annichilire il libero mercato ma per riformarlo”. E non è una dichiarazione da poco, visti i tempi che corrono. La stampa inglese, nel frattempo, da conto dell’impegno “personale” di Gordon Brown nel corso degli ultimi concitatissimi giorni.
Il premier sta tentando di salvare alcuni colossi bancari fondamentali per la stabilità finanziaria del Regno Unito e ha annunciato “decisioni importanti per combattere la crisi”. Schiacciato com’è tra crisi economica e fronde interne al New Labour, a Gordon Brown il soccorso “tory” di David Cameron farà sicuramente comodo.
Potrà almeno condividere scelte importanti e impopolari in un Paese che dalla Thatcher in poi era stato abituato bene in quanto a liberalismo applicato all’economia. Il primo ministro laburista ha voluto coinvolgere nei colloqui di questi giorni anche Nick Clegg, leader dei liberaldemocratici, a riprova che il momento richiede quanta più unità possibile, non solo tra i due partiti principali.
Ma David Cameron ha voluto anche fugare ogni dubbio su possibili inciuci: “Arriverà il momento di fare i conti, ma ora bisogna pensare alla sicurezza e alla protezione dei cittadini. Lavorare in maniera bipartisan non è solo una cosa ragionevole, è soprattutto una cosa necessaria”. Per qualcuno, però, la mossa di David Cameron ha un chiaro intento politico.
Dopo gli ultimi interventi pubblici di Brown, i laburisti hanno recuperato terreno nei sondaggi, pur restando distanziati di nove punti dai conservatori.
L’approccio deciso e risoluto dell’inquilino di Downing Street nei confronti della crisi finanziaria sembra aver rassicurato molti elettori. Il 47% degli inglesi, infatti, vuole che il successore di Blair resti al suo posto per fronteggiare il periodo difficile, temendo che un altro premier non abbia la stessa esperienza e competenza.
Il Guardian, quotidiano con dichiarate simpatie laburiste, ha presentato il sondaggio affermando come gli elettori intenzionati a votare per i Tories non si sentano sicuri in materia economica. E David Davis, ex leader tory, ha richiamato l’attenzione del partito sui temi economico-finanziari, fino ad oggi troppo trascurati da Cameron e dalla sua squadra.
Ed è ancora Davis che, in un’intervista al Telegraph, non fa certo un favore al suo leader: “Cameron – ha detto l’attuale Segretario di Stato del governo ombra – deve ancora sviluppare la giusta politica economica e fiscale per affrontare la grave crisi globale”. Che il discorso conciliante di Birmingham sia un tentativo per correre ai ripari?