Ffwebmagazine
15 aprile 2009
Un “giornalistaccio” come nessuno prima di lui e tantomeno dopo: questo era Indro Montanelli, nato il 22 aprile di cent’anni fa. Rizzoli celebra il centenario mandando alle stampe I conti con me stesso, raccolta inedita dei suoi diari dal 1957 al 1978, offrendo ai lettori la conferma di ciò che Montanelli è stato nel panorama giornalistico e culturale del paese. Nessuna rivelazione inattesa, nessuno scoop sulla vita del fondatore de Il Giornale. Quello che viene fuori dai diari è il solito Montanelli fustigatore dei conformisti, nemico giurato di quei salotti borghesi di sinistra, nei quali, annota Indro, «si è brindato all’attentato contro di me e deplorato solo il fatto che me la sia cavata». E poi una carrellata di ritratti al vetriolo dei suoi avversari, da Moravia a Scalfari, da Bocca a Ottone.
L’anticonformismo montanelliano, peraltro usato e abusato da chi vuole tirare il giornalista per la giacca anche da morto, è la cifra del personaggio. Come ha spiegato Giovanni Marinetti in un articolo del 27 gennaio scorso su Ffwebmagazine, questa caratteristica fondamentale del carattere di Montanelli si è palesata nei suoi ripetuti “tradimenti”: al fascismo prima, al Corriere poi, a Berlusconi per ultimo. I tradimenti del giornalista di Fucecchio avevano in sé una coerenza, una linea di condotta che rimaneva uguale a sé stessa anche dopo scelte radicali. Erano gli ideali di Indro a tradirlo, non il contrario. Fu così, ad esempio, per il Corriere della Sera, divenuto negli anni Settanta un ricettacolo di progressisti filocomunisti vicini alla sinistra extraparlamentare, così distanti dalla tradizione liberale di via Solferino. E la nascita de Il Giornale va considerata come un atto dovuto, un gesto d’amore proprio per quella tradizione. Il tradimento, semmai, fu quello di Ottone e Giulia Maria Crespi, che avevano snaturato l’essenza del Corriere per adeguarla al conformismo di quell’epoca.
Ma quell’avventura donchisciottesca è stata già raccontata centinaia di volte, anche da chi ne fu testimone e protagonista. Quello che ci interessa adesso è cercare di cogliere appieno l’eredità eretica di Montanelli, il suo lascito culturale, conteso da sciacalli del pensiero. Fa specie, ad esempio, considerare Travaglio o la sinistra girotondina eredi di Indro. Si tratta, infatti, di esempi inarrivabili di quel conformismo che il giornalista non solo avversava ma, diciamolo pure con franchezza, detestava in modo viscerale. E allora come è potuto succedere che il giornalistaccio toscano sia caduto nella trappola di questa sinistra conformista? Anche questo è un effetto della sua coerenza. Allorquando decise di osteggiare apertamente la discesa in campo del suo editore (Silvio Berlusconi, ça va sans dire), Montanelli si trovò, forse suo malgrado, al fianco dei Travaglio, dei Moretti, dei Flores d’Arcais. Gente che in una situazione “normale”, avrebbe combattuto con il veleno della sua formidabile penna.
E allora è da smontare il mito dell’ultimo Montanelli di sinistra, folgorato dall’idea progressista come un moribondo viene folgorato dalla fede sul letto di morte. L’ultimo Montanelli ha seguito solo la sua strana ma incontestabile coerenza. Con buona pace di chi gli ha ritagliato uno spazio improbabile nel Pantheon gauchista, magari gli stessi che trent’anni fa brindavano alla gambizzazione brigatista sulle comode e ipocrite poltrone di Inge Feltrinelli o Gae Aulenti.
E di conseguenza, è bene sottolinearlo, ha torto anche chi, da destra, giustifica la svolta montanelliana del 1994 con un semplice effetto da rincoglionimento senile, una perdita di senno fisiologica per un grande vecchio della sua età. E invece no: nonostante la lotta pluridecennale con la depressione, nonostante i cambi di umore repentini, nonostante gli attacchi d’ira tipicamente toscani, Indro Montanelli non ha mai perso il senno, né tradito le proprie idee. Così come il Sole sta fermo al centro dei pianeti che girano attorno a esso, Montanelli era lì, saldamente ancorato ai propri valori, con gli altri comprimari della sua vita che si allontanavano per poi riavvicinarsi ciclicamente. Speriamo lo capisca chi si arroga l’assurdo diritto di avocare a sé l’esperienza intellettuale montanelliana. E, dall’altro lato, anche chi lo ha rinnegato troppo in fretta, solo perché il grande Indro ha deciso di seguire la stella polare della sua coerenza, senza piegarsi alle contingenze politiche del momento.
Nessun commento:
Posta un commento