Ffwebmagazine
3 settembre 2009
Non è una strada di un sobborgo grigio dell'East londinese, né una pericolosa viuzza di Brixton, la zona delle guerre tra gang che stanno insanguinando la gioventù inquieta del sottoproletariato figlio dell'immigrazione. Edgware Road è una delle strade più lunghe e importanti della parte occidentale di Central London, il cuore pulsante della città, il centro di una delle metropoli più vive e importanti dell'Occidente. A poche centinaia di metri c'è la zona chic di Marble Arch e Mayfair (Madonna e Tony Blair vivono lì, tanto per intenderci); o ancora la zona diplomatica di Marylebone, sede delle più importanti ambasciate. Eppure, lungo i marciapiedi di Edgware Road, si sente parlare quasi esclusivamente in arabo o al massimo, in qualche caso, in farsi. Sì, perché Edgware Road, nel cuore della Londra che conta, è conosciuta anche come Little Cairo o Little Beirut ed è il centro pulsante della presenza araba e musulmana nella capitale britannica.
Degrado e criminalità, dunque? Per nulla: da quelle parti gli schemi preconfezionati dell'immigrazione sinonimo di delinquenza non funzionano, non attaccano. Il quartiere è da decenni uno dei più vivaci e interessanti del compassato West della città. È davvero un'esperienza inusuale, per un italiano abituato al dibattito nostrano sull'immigrazione, leggere le insegne in arabo delle farmacie, usare una tastiera in arabo in un internet point, osservare placidi e barbuti uomini che fumano il narghilé fuori dagli shisha café giocando a dadi o a domino. Dal 2007, con l'introduzione anche in Inghilterra del divieto di fumare nei locali pubblici, questi posti ricchi di storia, che riportavano alle atmosfere del Medio Oriente che fu, si sono adeguati, non senza qualche vibrante protesta, e le famose “pipe ad acqua” dai mille profumi sono state trasferite all'esterno.
E non mancano gli inglesi doc tra la gente che vive lì. Figli orgogliosi di Albione che non si scandalizzano, né storcono il loro snobissimo naso. Capiscono che se il mondo sta diventando multietnico, Londra lo è sempre stata. La capitale di quello che fu un impero vastissimo non può dimostrarsi ottusa proprio adesso. Londra non è mai stata altezzosa come Parigi, marziale come Berlino o provinciale come Roma. Ha accolto i “sudditi” oltremare di Sua Maestà con diffidenza, a volte con paura, ma non ha mai chiuso le porte all'integrazione né ha negato una possibilità a nessuno.
Edgware Road, dunque, è la metafora di un modo di intendere l'integrazione multietnica che non ha ancora fatto breccia in altre parti del nostro continente. Ma anche lì le cose non sono sempre andate bene. La stazione della metropolitana di Edgware, ad esempio, è stata colpita dagli attentati del 7 luglio 2005. Immigrati musulmani di seconda generazione, con passaporto britannico, hanno messo a ferro e fuoco anche il simbolo dell'integrazione della loro gente. E la diffidenza ha serpeggiato anche lungo le rive del Tamigi, come in fondo era normale che fosse. Ma il contraccolpo del 7 luglio di quattro anni fa è durato poco. Oggi Edgware è ancora la Little Cairo di un secolo fa, la Little Beirut dell'epoca della guerra civile in Libano, la Little Teheran del periodo della rivoluzione khomeinista. È il simbolo di un'integrazione che è possibile e che non deve includere la rinuncia a tradizioni e culture millenarie da parte degli immigrati. Si può rispettare il paese che ospita anche senza dimenticare le proprie radici. Edgware Road dovrebbe fare scuola, anche nel nostro paese. Qualcuno organizzi un viaggio di istruzione a Londra, per piacere. E si parta da Pontida, ovviamente.
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