La banalità di un amore qualunque, l’ordinarietà di una vita di coppia. L’amore e basta, appunto, proprio come il titolo del documentario di Stefano Consiglio, prodotto da Angelo Barbagallo e Andrea Occhipinti per la Lucky Red, presentato in questi giorni alla Mostra del cinema di Venezia. Il fatto che le nove storie d’amore raccontate siano omosessuali è un dettaglio, non un tratto caratterizzante che rende diverse quelle esperienze rispetto al resto delle relazioni sentimentali. Lo scopo di Consiglio, in effetti, era proprio quello di presentare al pubblico delle vicende ordinarie, a dimostrazione che l’amore omosessuale non è qualcosa di altro, di distinto, di parallelo o di alieno. Qualcosa da cercare altrove e in un mondo distante dalla quotidianità della gente “normale”.
Il viaggio attraverso l’Europa, introdotto dall’interpretazione, da parte di Luca Zingaretti, di una poesia di Aldo Nove, parte da Catania e arriva a Barcellona, passando per Parigi, Berlino, Palermo, la bassa padana, Roma, Versailles. Un Grand Tour dei sentimenti che ci racconta di famiglie, relazioni lunghe trent’anni, figli, opinioni differenti su alcuni temi che riguardano le persone omosessuali. È un microcosmo che riproduce, in piccolo, l’eterogeneità di qualsiasi altro gruppo di persone. Perché nessun gruppo sociale è un monolite, omologato e uguale a sé stesso. E anche nei confronti della religione gli intervistati si pongono in maniera decisa e senza dubbi: «Dio non è contro di noi. Non può rifiutare nessuna delle sue creature».
In giorni come questi, con l’allarme omofobia che ha fatto capolino tra le coscienze ancora stordite dal sole estivo, l’uscita nelle sale di un film come quello di Consiglio è una boccata d’aria pura. Non c’è Svastichella che tenga, insomma, quando si ha a che fare con l’amore. Nessun pregiudizio può scalfire il racconto pacato, addirittura quasi noioso, delle vicende quotidiane di queste nove coppie. Non stupisce, dunque, che qualche oltranzista delle rivendicazioni urlate abbia storto il naso, non cogliendo appieno la forza del messaggio del documentario. Si chiedeva più incisività, un approccio forse più politico (o addirittura ideologico). Ma cosa c’è di più incisivo della banale rappresentazione dell’amore? I movimenti Lgbt dovrebbero capire, forse, che la conquista da ottenere a tutti i costi è il riconoscimento, da parte della società, dell’ordinarietà dell’amore gay.
Per troppo tempo, parallelamente a un’omofobia gretta e dura a morire, correva in Italia la voglia di sentirsi diversi, da parte degli omosessuali, e di essere percepiti come tali. Forse come reazione all’intolleranza, forse no. Fatto sta che questa “strategia” si è dimostrata inadatta al riconoscimento dei diritti da parte dello Stato e, prima ancora, dell’opinione pubblica. La rivoluzione sta nel rovesciare i luoghi comuni della frivolezza e della superficialità di un mondo troppo sfaccettato e ricco di sfumature per essere catalogato tutto insieme, senza distinzione alcuna. A livello politico, poi, questo approccio si sta facendo largo sempre di più. Anche a destra. Anzi, soprattutto a destra. L’approccio ideologico al problema che ha contraddistinto alcune battaglie della sinistra era stato controproducente. Il pragmatismo della destra nei confronti della questione dei diritti alle persone omosessuali può essere di gran lunga più utile alla causa. Non è un caso, ad esempio, che anche all’interno del movimento Lgbt serpeggi una frase sibillina, una via di mezzo tra una battuta e una speranza: «Vuoi vedere che alla fine i nostri diritti verranno riconosciuti da un governo di destra?». L’ipotesi, inimmaginabile fino a pochi anni fa, oggi non sembra così peregrina.
E allora ben vengano film come quello di Consiglio. Ben venga la rappresentazione “normale” e banale del rapporto di coppia, a prescindere dal genere delle persone coinvolte. A guidare le battaglie del movimento gay non dovrebbe essere l’oltranzismo e la voglia di provocare a tutti costi. È sufficiente l’amore. L’amore e basta.
Ffwebmagazine
5 settembre 2009
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