Pagine

mercoledì 7 aprile 2010

Dopo Lost arriva Fringe, e la fiction gioca con la mente...

Ffwebmagazine
7 aprile 2010
Chi ha amato Lost alla follia (mai termine fu più appropriato) non può perdersi Fringe. La serie televisiva americana partorita dalla geniale e contorta mente di J.J. Abrams è finalmente arrivata sugli schermi di Italia 1. Dal 9 marzo, insomma, i telespettatori italiani possono godere delle cervellotiche indagini ai confini della realtà di uno speciale reparto dell'Fbi che si occupa di casi sovrannaturali. Qualcosa a metà tra X Files e il film Stati di allucinazione, secondo qualcuno, ma in realtà Fringe rappresenta qualcosa di diverso.

A differenza del telefilm cult che ci fece conoscere gli agenti Scully e Mulder, Fringe abbandona alcune banalità tipiche della tradizione fantascientifica e si mette a giocare con qualcosa di molto più pericoloso e affascinante: la mente umana. Il cast è di pregio, con un gran ritorno in tv di Joshua Jackson, il Pacey di Dawson's Creek che ha fatto impazzire una generazione di ragazzine. Ma più che le prove d'attore ci interessa altro, parlando di Fringe.

Tra morti misteriose provocate da allucinogeni prodotti da rane e rapitori che portano alla follia le loro vittime per condurre avveniristici e pericolosi esperimenti scientifici, la serie è la summa di tutte le cose, giuste o terribilmente sbagliate, che il cervello umano può fare. E il bello è che per molti fan la trama non è poi così fantascientifica. Anche perché ormai da molti anni si parla di una vera e propria branca scientifica che si occupa di quel 99% di capacità cerebrali che non abbiamo ancora scoperto e, forse, non scopriremo mai. Dal creatore di Lost, dunque, non c'era da aspettarsi niente di diverso. E in fondo, nonostante la trama così diversa e un canovaccio narrativo molto meno complicato, il tema alla base delle vicende è sempre quello: la mente umana e le paure che può generare.

Abrams è senza dubbio il capofila di questo nuovo genere quasi psicanalitico delle serie televisive americane. Seguendo le avventure, realistiche o meno, di personaggi di fantasia, lo spettatore entra in un vero e proprio percorso di autoanalisi. Può sembrare una teoria azzardata e campata in aria, ma alzi la mano chi, seguendo Lost, non si è mai immedesimato in uno dei personaggi, trasferendo su di sé anche per un solo secondo paure, dubbi, scelte, azioni. In fondo il quid è sempre quello, e capita da millenni, ben prima dell'avvento della tv. Lo scontro perenne tra Bene e Male, declinato in chiave moderna e catodica, in televisione funziona alla meraviglia, perché innesca i lati reconditi del carattere di ciascun spettatore.

Abbandoniamo i voli pindarici al limite della psicanalisi, però, per tornare a Fringe e alla sua natura prettamente televisiva. Il prodotto funziona e anche bene, la trama fila alla grande e il personaggio dello scienziato pazzo (letteralmente!) gioca molto sulla dicotomia a volte fittizia tra senno e follia, appassionando ancora di più lo spettatore. J.J. Abrams, dunque, ci ha regalato un altro piccolo gioiello. Ora c'è da sperare soltanto che Italia 1 non ripeta i soliti errori, interrompendo la trasmissione della serie o sacrificandola in orari improponibili. Per fortuna, da qualche anno a questa parte, satellite e digitale terrestre hanno messo una pezza nelle magagne dei palinsesti televisivi. Ma alla famosa casalinga di Voghera, da decenni indicata come lo spettatore tipo della tv italiana, e che magari non ha parabole né decoder, qualcuno ci vuole pensare?

Nessun commento:

Posta un commento