Pagine

sabato 18 giugno 2011

Se scoppia Barcellona...


FareitaliaMag
17 giugno 2011

Se, fino a qualche giorno fa, gli indignados madrileni affollavano Puerta del Sol per esprimere tutta la loro pacifica rabbia nei confronti dei politici spagnoli, a Barcellona l'esperimento era stato fallimentare. Pochi giorni di bivacco in Plaça Catalunya e poi basta, tende levate e tutti a casa, causando la delusione profonda dei ribellisti senza se e senza ma che proprio a Barcellona hanno creato il loro porto sicuro.
Mercoledì, però, qualcosa è successo anche nella capitale catalana: qualche migliaio di giovani ha assediato il Parlamento catalano, insultando e sputando addosso ai parlamentari che tentavano di forzare il blocco per prendere parte regolarmente alla seduta. I mossos d'esquarra (la polizia locale) hanno reagito in maniera dura e qualche manganellata ha esacerbato gli animi già incandescenti della gioventù ribelle barcellonese.
La situazione era diventata così critica che Artur Mas, presidente della Catalogna, è dovuto arrivare all'interno del Parlamento in elicottero, visto che via terra non c'era alcuna possibilità di passare.
La scintilla che ha innescato il tutto sono i tagli sociali, che proprio martedì si sarebbero dovuti discutere nell'ambito dell'approvazione della legge di bilancio. Anche la ricca Catalogna (un po' la Lombardia iberica) deve fare i conti con la crisi durissima che sta colpendo la Spagna e le misure drastiche sono necessarie per venirne fuori.
Ma di pura scusa si tratta, se è vero come è vero che la gioventù che ha messo radici a Barcellona è il massimo esempio dell'anticonformismo ribelle d'Europa. Il centro storico della città (Barrio Gotico, Raval, Born, La Ribera) è il cratere di un vulcano acceso stracolmo di magma incadescente, pronto a eruttare da un momento all'altro. Per capirlo basta fare una passeggiata da quelle parti: dalle case “alternative” dei giovani “alternativi” viene fuori una canzone di Manu Chao., guru dei “no global” di tutto il mondo che proprio a Barcellona gestisce una sorta di via di mezzo tra un pub e una comune. In queste zone la voglia di ribellione è incredibilmente diffusa. Altro che periferie parigine. Se scoppiasse una rivolta a Barcellona sarebbe il centro ad essere messo a ferro e fuoco, con tutto ciò che ne conseguirebbe.
Ha il suo bel da fare Artur Mas a invitare alla calma, ha condannare (giustamente) ogni episodio di violenza, a chiedere ai giovani di “lasciar lavorare la democrazia”. Di democrazia, quegli stessi giovani, non ne hanno vista molta. E non perché non ci fosse. Molto più semplicemente perché, nonostante vivano in una delle città più tolleranti e all'avanguardia d'Europa, hanno preferito chiudersi nella loro ridotta ai lati della Rambla per sognare un mondo utopico e irreale, privo di regole e leggi da rispettare, intriso della più stucchevole retorica pauperistica ed egualitaria.
Ecco perché non si possono prendere sottogamba gli scontri di pochi giorni fa. Barcellona non è Madrid. I manifestanti catalani non sono “indignati” ma incazzati furiosamente nei confronti di un sistema sociale, politico ed economico che non riescono ad accettare e che non vogliono solo migliorare o rendere più umano bensì distruggerlo completamente per fare spazio ai loro sogni hippy fuori tempo massimo.
Gli episodi di contestazione giovanile degli ultimi tempi vanno rispettati e compresi, a volte anche condivisi se necessario. Ma tra le sacrosante rivendicazioni di una generazione tradita e smarrita, precaria e senza futuro, e la volontà manifesta di buttare tutto in caciara e iniziare a menare le mani c'è una bella differenza. Tutta da cogliere, ovviamente, se vogliamo evitare altre Seattle, Goteborg o Genova.

Nessun commento:

Posta un commento