FareitaliaMag
15 luglio 2011
intervista a Nicola Latorre
Riuscire a strappare consensi e stima dalla parte politica avversa non è certo compito semplice, soprattutto in Italia. Eppure Nicola Latorre, cinquantacinquenne senatore del Pd, con un passato da dalemiano di ferro, è uno dei pochi che c'è riuscito. Pacato, dialogante, acuto e capace di fare autocritica: ecco cosa apprezzano di lui gli avversari. Anche in quest'intervista ha dimostrato le sue doti migliori, anche se quando c'è da “cantarle” come si deve al governo, alla maggioranza o a chi (anche dentro il Partito democratico) vorrebbe farci tornare al proporzionale, Latorre non ha peli sulla lingua. Nessuno spazio per Sante Alleanze antiberlusconiane da Vendola a Fini, nessun "papa straniero", sì al dialogo con un nuovo centrodestra capace di realizzare le riforme. E su un punto il senatore democratico non transige: il candidato premier del Pd è Pierluigi Bersani.
Cominciamo dall'attualità più stringente. L'Italia sta vivendo giorni difficili, stretta com'è tra speculazioni finanziarie e rischi di default. Come giudica la manovra presentata dal governo? E cosa è pronta a fare l'opposizione per evitare un tracollo finanziario?
Il nostro giudizio sulla manovra resta profondamente negativo. Nonostante il ministro Tremonti si sia detto disponibile ad accogliere alcuni dei nostri emendamenti, penso a quello sulle pensioni o a quello sulla trasparenza degli appalti pubblici, l'impianto della manovra continua a essere radicalmente sbagliato. Non c'è risanamento senza crescita: con i tagli lineari di questi anni non si è ridotta la spesa corrente e si è bloccato lo sviluppo anche perché nessuna delle riforme necessarie è stata approvata. L'Italia ha bisogno di riforme strutturali, in primis quella del fisco e del mercato del lavoro. Naturalmente per attuare le riforme di cui necessita il Paese, che saranno dure e anche impopolari, serve un governo con un largo consenso che l'esecutivo in carica non ha più.
Vorrei sgombrare il campo da una leggenda che si è affermata in questi mesi, secondo cui a un tracollo della maggioranza non corrisponde un'opposizione credibile in grado di porsi come alternativa di Governo. I milioni di italiani che sono andati a votare per tre volte nello stesso mese, prima per il primo turno delle amministrative, poi per i ballottaggi e poi per i referendum, hanno espresso un voto premiando proprio l'alternativa al governo Berlusconi. Il Partito Democratico, con il lavoro che ha svolto in questo anno il segretario Bersani, è il perno di questa alternativa.
Noi abbiamo sempre preferito un sistema elettorale maggioritario a doppio turno. Nella prossima direzione del 19 luglio approveremo una proposta di riforma sulla quale sviluppare in Parlamento e nel Paese la nostra iniziativa politica. Sarò di una vecchia scuola ma rimango dell'idea che le leggi elettorali si cambiano in Parlamento e non attraverso un referendum. La consultazione referendaria può essere un utile strumento di pressione nei confronti del Parlamento, ma le diverse proposte referendarie di cui si parla rischiano di rappresentare solo un'occasione di rottura all'interno del partito. Nel merito considero profondamente sbagliato il referendum Passigli. Il Mattarellum è certamente preferibile rispetto al sistema attuale ma non la consideriamo la soluzione migliore.
Non ho mai creduto alle Sante Alleanze, tanto più dopo la fallimentare esperienza politica dell'Unione. Il progetto di Fini è quello di costruire un nuovo centrodestra e per questo non mi pare all'ordine del giorno la sua partecipazione a un'alleanza con il centrosinistra. Con una nuova destra certamente sarebbe più agevole trovare una intesa per condividere in Parlamento quelle riforme istituzionali di cui ha bisogno l'Italia. Ma questa è cosa ben diversa da una alleanza di Governo.
Il dualismo tra D'Alema e Veltroni è roba d'altri tempi e francamente non è materia che mi appassiona. Comunque per ogni ulteriore notizia è il caso di rivolgersi agli interessati.
Innanzitutto registro che qualcosa si muove anche nel centrodestra. Per la prima volta in vent'anni il partito fondato da Berlusconi ha un segretario. Ma temo che di strada debbano farne ancora parecchia: Alfano è stato eletto per acclamazione, è nulla rispetto ai diversi milioni di italiani coinvolti dalle primarie del Pd che hanno eletto Pierluigi Bersani. Non basta annunciare di voler fare le primarie per diventare di colpo un partito moderno. Tra l'altro consiglierei al PdL di fare un briefing prima di rilasciare dichiarazioni sulle primarie: fino ad ora per ogni dirigente che le ha chieste, ce ne è stato uno che le ha bocciate.
Non esiste alcuna questione morale nel Pd. Certo è sempre doloroso constatare che qualche iscritto ha commesso illeciti a nome del partito. Ma non prendiamo lezioni da nessuno: quando qualcuno dei nostri amministratori è stato coinvolto in un'inchiesta giudiziaria non ha esitato a dare le sue dimissioni. Spetta poi alla magistratura, a cui noi rinnoviamo come sempre la nostra stima e la nostra piena fiducia, accertare le eventuali responsabilità.
Dal bipolarismo non si arretra. Questa è l'unica certezza che deve guidarci nel percorso di ricostruzione del dopo Berlusconi. Semmai abbiamo avuto modo di valutare che il nostro bipolarismo non si fonda sul bipartitismo. A destra il ruolo della Lega, nel centrosinistra quello dell'Idv e di SEL, al centro la formazione del Terzo Polo, dimostrano che è impossibile ipotizzare un bipartitismo italiano. In ogni caso guai a tornare indietro, a quando gli elettori non potevano scegliere la coalizione di governo e tutto si decideva alle loro spalle.
Da una crisi di sistema come questa si esce solo con la forza della politica. Siamo nel pieno del tramonto del berlusconismo e i colpi di coda non sono finiti. Credo, dunque, che se l'impianto politico culturale che si è affermato in questi sedici anni sta iniziando a crollare, l'unica risposta alla crisi profonda che sta vivendo il paese intero, è la politica. Nessun papa straniero. Nessun governo tecnico. Nessuna strategia politica concordata all'interno dei palazzi. Noi chiediamo elezioni subito. E il nostro candidato premier è Pierluigi Bersani, che ha guidato il partito in un momento particolarmente difficile, rafforzandone il progetto. E proprio con Bersani vogliamo affrontare le elezioni primarie del centrosinistra per poi ridare al Paese una speranza di futuro che il governo Berlusconi ha portato via.