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mercoledì 24 febbraio 2010

Bentornato Costanzo, ma ci manca il Parioli...

Ffwebmagazine
24 febbraio 2010
Un po' di effetto lo fa, quella tartaruga stilizzata che apre la sigla di testa di Bontà sua (Rai Uno, ore 14.10). Soprattutto per chi, come chi scrive, Maurizio Costanzo l'ha visto sempre e solo sulle reti Mediaset. Il ritorno in Rai dell'inventore del talk show all'italiana è senza dubbio l'evento televisivo della stagione, vuoi per la caratura del personaggio, vuoi perché avviene nel periodo che molti definiscono Raiset, ipotetico inciucio tra Cologno Monzese e viale Mazzini.

Ma forse, più semplicemente, Costanzo ha solo esaudito un desiderio mai celato: concludere la carriera dove era iniziata. Quella televisiva, per la precisione, parte nel 1976 con un programma che ha fatto storia: Bontà loro. È il primo pionieristico esperimento di talk show in Italia e da allora la televisione non sarà più la stessa. Il resto della storia è nota: qualche anno dopo il passaggio alle reti commerciali e il Maurizio Costanzo Show.

E oggi, 34 anni dopo Bontà loro, l'anchorman romano torna alle origini, anche se le modifica e le adatta al mutamento dei tempi. Da Bontà loro a Bontà sua, il titolo cambia e non è solo un dettaglio. Il passaggio dal plurale al singolare è il sintomo del cambiamento dello stesso Costanzo. La curiosità fortissima e un po' stronza dei primi tempi si è stemperata, lasciando il campo ad una riflessiva e intimista maturità.

Detto questo, e rimarcando l'innegabile importanza storica di Costanzo nella storia della televisione italiana, Bontà sua convince a metà. Di positivo, e non potrebbe essere altrimenti, c'è il “mestiere”. La chiacchierata pomeridiana tete à tete con un personaggio noto (Lino Banfi e Pierfrancesco Favino sono stati gli ospiti delle prime due puntate) è piacevole, molto colloquiale, davvero adatta al tipico orario del caffé.

Ma l'abitudine a vedere Costanzo addirittura sul palco di un teatro, con un pubblico da sempre partecipe e rumoroso, è dura a morire. Dal Teatro Parioli al minuscolo studio bianco con la solita tartaruga bene in vista sulla scrivania, il salto è in effetti forte, forse troppo. Ma probabilmente è questione di abitudine.

E poi diciamolo: ci manca maledettamente la verve di Costanzo, il suo modo quasi arrogante di intervistare, il suo “non famo ‘a curva sud” sibilato sotto i baffi al pubblico troppo rumoroso. Ci manca per un semplice motivo: perché con il Maurizio Costanzo Show siamo cresciuti e se a volte, a scuola, sonnecchiavamo appoggiati al banco, la colpa era un po' sua, dell'ora tarda fatta per seguire persino la chiusura del sipario e la passerella finale, finché c'è stata. Si sta chiudendo un'epoca, dunque, oltre che una onoratissima carriera. Sorvoliamo, per l'affetto televisivo che ci lega al personaggio, le Buone Domeniche inzuppate di trenini e di grandi fratelli, che personalmente non riteniamo le cose migliori di Costanzo.

Alla fine, insomma, la soddisfazione a metà dopo aver visto le prime puntate di Bontà sua potrebbe essere un problema nostro. Forse la maturazione umana e televisiva di Costanzo è lo sbocco naturale di cinquant'anni e più di carriera tra radio, tv, cinema, canzoni, teatro e chissà cos'altro ancora. Sarà così, o forse no. Fatto sta che il primo Costanzo Show infarcito di grandi ospiti, grandi storie, drammi, risate e lacrime ci manca molto. Troppo.

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