Ffwebmagazine
5 marzo 2010
Siamo veramente contenti, e lo diciamo con la massima serietà e senza alcuna ironia, che La Padania abbia finalmente “sdoganato” Mario Balotelli. Il talento del giovane bresciano, ovviamente, non aveva bisogno di benedizioni nordiche. È sotto gli occhi di tutti e tutti, Lippi incluso, lo sanno bene.
Ma il lungo articolo pubblicato oggi dal quotidiano della Lega Nord (che caldeggia con decisione la presenza del calciatore interista ai mondiali sudafricani) segna uno spartiacque importante nell'atteggiamento usato dai leghisti nei confronti di quella generazione Balotelli, multietnica, colorata, nuova, che rappresenta l'ossatura sulla quale si fonderà l'Italia di domani. Rosario Pastore, nel suo articolo, scrive una cosa all'apparenza banale ma che suona rivoluzionaria, almeno in certi ambienti: Ogbonna, Okaka e Balotelli (tre giovani talenti dell'under 21 di Casiraghi) «sono italiani a tutti gli effetti. Sono nati nel nostro paese, qui hanno studiato, qui hanno imparato i primi rudimenti del calcio. Da decenni, dappertutto, certi pregiudizi sono stati superati. Basti vedere come sono composte le rappresentative nazionali a livello mondiale, in Inghilterra, in Francia, in Germania».
Già, è proprio così. E il ritardo con cui ce ne siamo accorti è tanto, forse troppo. Non è mai troppo tardi, però, per prendere atto di un cambiamento così importante nel tessuto sociale e culturale di una nazione. E fa piacere davvero, ribadiamo, che La Padania abbia voluto sposare con convinzione apprezzabile una battaglia che prima che sportiva è culturale. Certo, potremmo parlare per ore delle scelte tecniche di Marcello Lippi, della sua scarsa inclinazione a sperimentare. Ma non è questo il nocciolo della questione. Stiamo parlando del futuro di una nazione, non solo di una nazionale. E La Padania lo dice a chiare lettere, fin dal catenaccio sotto il titolo: “il ragazzo sembra proprio il calciatore del (nostro) futuro”. Esatto, è esattamente questo. È il simbolo di una nuova generazione, il frontman di un cambiamento epocale. Noi lo diciamo da tempo, forse anche con troppa insistenza. Ma evidentemente ne è valsa la pena, se il messaggio, come sembra, è passato anche attraverso le maglie più strette e all'apparenza inaccessibili.
Già dopo i fatti di via Padova, le parole di Maroni («Vanno espulsi i clandestini, ma non si risolve un problema come via Padova con i blitz e le camionette. La soluzione non è lo Stato di polizia») e Bossi («I rastrellamenti? Lasciamoli stare») erano state chiarissime, assolutamente immuni da ogni interpretazione o strumentalizzazione.
Oggi, il buon senso del giornale leghista è un passo avanti ulteriore verso la costruzione di una nuova Italia. Anzi, diremo di più: verso la constatazione che una nuova Italia, piena zeppa di Balotelli da Sondrio a Canicattì, esiste già. Bisogna solo prenderne atto. Gli immigrati di seconda generazione, quelli nati sul suolo italiano, di straniero ed esotico hanno davvero solo il cognome. È ormai normale, grazie al cielo, sentire un ragazzo di colore parlare in dialetto stretto. In un paese come il nostro, che non ha avuto un passato coloniale del livello di Francia o Inghilterra, una cosa del genere era semplicemente impensabile fino a pochi anni fa. Eppure la storia corre veloce e se ne infischia delle comode abitudini dei popoli. “L'Italia a chi la ama”, per alcuni, è uno slogan privo di senso. Invece è, oseremmo dire “deve” essere, una guida per il nostro futuro.
Qualche tempo fa, dopo i soliti fischi beceri e i cori vergognosi contro Balotelli, avevamo detto che considerarlo un compatriota non è buonismo, ma semplice realtà. Da oggi, accanto a noi, c'è anche La Padania. Forse loro non gradiranno, ma un po' di cuore finiano batte anche dalle parti di via Bellerio.
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