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sabato 6 marzo 2010

Ma nella tempesta politica la Polverini tiene la barra dritta

Ffwebmagazine
6 marzo 2010

Il decreto interpretativo è stato firmato dal presidente della Repubblica. Bene, o forse no. Ma una cosa è sicura: ora, sentenze sorprendenti a parte, sappiamo che a fine marzo andremo alle urne per scegliere chi governerà le nostre regioni.

Dovrebbe finire, o almeno attenuarsi, la martellante cagnara degli ultimi giorni. In una situazione politica già inquinata da livori e muro contro muro controproducenti, il pasticciaccio brutto del Tribunale di Roma aveva messo il carico da undici. Un errore imperdonabile dettato forse dalla convinzione di essere al di sopra delle regole, una reazione pelosa e ipocrita da parte di chi voleva vincere facile, proposte di rimedi peggiori dei guai, strumentalizzazioni a destra e a manca. Ora basta, per favore.
Il nostro paese ha dannatamente bisogno di politica. Quella vera però, che parla di programmi, proposte, idee. Quella anche un po’ dura e spigolosa, perché in campagna elettorale è inevitabile e addirittura salutare. Quella che Milioni, l’uomo più famoso d’Italia questa settimana, aveva cercato involontariamente di mettere in ombra.

E dire che questa campagna elettorale era partita bene, o almeno meno peggio del solito. Nel Lazio, ad esempio, la competizione tra Polverini e Bonino aveva portato qualità, era una  boccata di aria pura nelle paludi malsane di una certa politica del dire, e non del fare come da più parti vogliono farci credere. Poi il tracollo delle liste e persino la Bonino, che comunque la si pensi è l’alternativa di centrosinistra meno indigesta in questo momento, si era fatta avviluppare di nuovo dalle spire del vittimismo radicale. Quell’atteggiamento nevrotico, per intenderci, che riesce a far aver torto a Pannella e compagni anche quando hanno ragione da vendere. Annullare subito le elezioni: questa l’insensata richiesta di via di Torre Argentina, come se il voto fosse uno strumento di lotta politica e non il momento più alto dell’espressione della volontà dei cittadini.

Anche nel centrodestra, onestamente, qualche segno di delirio c’è stato. Negare l’erroraccio marchiano, ad esempio, è stata la cosa più desolante di tutti questi giorni. Invece di cospargersi il capo di cenere e andare carponi fino al Divino Amore a chiedere la grazia, qualche esponente del Pdl ha mostrato all’opinione pubblica un vittimismo arrogante che non stava né in cielo né in terra. Stesso comportamento, ma a ragionamento capovolto, quello tenuto da Antonio Di Pietro. «Bisognerebbe fermarli (il Pdl alla ricerca di una soluzione politica al pasticcio, ndr) con le Forze Armate»: ennesima prova di un’irresponsabilità politica e istituzionale che giocoforza spinge il leader dell’Idv sempre di più ai margini della politica sana. Il Pd, poi, aveva scelto il low profile fino all’ultimo. Ed era quasi riuscito, incredibilmente, a non dire sciocchezze. Peccato, però, che proprio alla fine Bersani si era lanciato in uno scomposto attacco al centrodestra non sul metodo, si badi bene, ma sul merito. Dimostrando, in questo modo, che il segretario del Pd avrebbe davvero preferito vincere facile, con un solo giocatore in campo.

Nel marasma generale, molto simile al momento in cui il Titanic colava a picco, il comportamento più sensato è stato quello di Renata Polverini. Composta, mai sopra le righe, la candidata del Pdl nel Lazio ha affrontato il tutto con un savoir faire istituzionale che rincuora. Niente urla né contumelie. Anzi, l’ex leader dell’Ugl ha cantato sotto la pioggia, dando prova anche di autoironia e coraggio, la propria voglia di continuare la sua campagna elettorale. Il diritto ad esserci come stella polare, dunque, a dispetto delle incompetenze di alcuni suoi compagni di partito e del livore di qualche frangia del centrosinistra che si sente furba senza esserlo.

Nella tempesta della politica, tra firme false e bolli mancanti, panini e radicali sdraiati, cancellieri confusi e politici nel panico, Renata Polverini ha tenuto la barra dritta. Con uno stile che è tutto suo, che sta già facendo scuola e che a volte fa a cazzotti con il modus operandi dei politici politicanti di centrodestra e centrosinistra. Segno, questo, che qualcosa può cambiare. Che qualcosa, anzi, sta già cambiando.

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