Ffwebmagazine
25 marzo 2010
Prima di essere una cantante, una conduttrice, un’icona della cultura pop italiana, lei è innanzitutto una donna. Ed è proprio una gran donna, Mina Anna Mazzini, in arte Mina… Oggi è il settantesimo compleanno, settanta primavere, è proprio il caso di dirlo, per la cantante più grande della pur ricca storia musicale di casa nostra. Ma, dicevamo, Mina sarebbe Mina, con meno fans ovviamente, anche se facesse la lavandaia, l’avvocato, la fruttivendola o la fisica nucleare.
Perché il nome/brand di cui stiamo parlando è prima di ogni altra cosa uno stile di vita, una forma mentis, una impostazione culturale, una scelta lucidissima, una naturale predisposizione antropologica. La tigre di Cremona è tigre davvero, e lo ha dimostrato mille volte. A cominciare da quando, cinquant’anni fa, giochicchiava con le dita sulle labbra cantando Mille bolle blu, turbando un’Italia che era ancora quella posata e compita di Wilma De Angelis o al massimo elegantemente ammiccante e timidamente “scandalosa” di Jula De Palma. O ancora quando, un paio d’anni dopo, pagò caro il “peccato” di amare un uomo sposato e di aver deciso di farci un figlio insieme.
L’uomo, si sa, era Corrado Pani; il “frutto del peccato”, invece, il figlio Massimiliano, oggi suo collaboratore numero uno. I famigerati rotocalchi “popolari” dell’epoca ne approfittarono nel peggiore dei modi, con una campagna moralista e ipocrita che provocò, tra l’altro, l’allontanamento di Mina dalla Rai per tutto il 1963. Era la Rai pedagogica e democristiana di Ettore Bernabei, la televisione di Stato che censurava, tagliuzzava, nascondeva, copriva tutto quello che avrebbe potuto turbare la moralità e i costumi pudichi dell’Italia del boom. La gente, come sempre, era però anni luce avanti. Lo ha raccontato anni dopo la stessa Mina, in una memorabile intervista a Playboy del 1972: «Mai vista una serie così di regali da tutta Italia, di lettere, "Stai tranquilla", per la strada mi dicevano, "Non ti devi preoccupare"». Altro che “pubblica peccatrice” e “rovinafamiglie”.
Dopo lo scandalo, e questa è storia nota, niente e nessuno ha più fermato la cantante. Nessuno, tranne lei stessa. Dopo Studio Uno, i successi internazionali, i milioni di dischi venduti, gli ascolti da capogiro del sabato sera, Mina nel 1978 disse stop (con la tv aveva chiuso già tre anni prima): niente più apparizioni pubbliche o concerti. Solo musica, tanta musica. Note, parole e voce roboante come sempre. Una decisione che molti non capirono, e non capiscono ancora, che venne bollata come un modo per attirare l’attenzione, una semplice operazione pubblicitaria, magari a termine. Trentadue anni dopo, mentre celebriamo il suo settantesimo compleanno, qualcuno dovrebbe ricredersi. Fu una scelta di vita di una trentottenne di successo, nulla di più, nulla di meno.
Sarà pur vero, come ha detto Roberto Benigni dal palco di Sanremo 2009, che ormai solo «Mina e Bin Laden mandano video preconfezionati quando vogliono dire qualcosa», ma la scelta regge e pare non essere reversibile, almeno per ora. Dispiace, è ovvio, a tutti gli amanti della mattatrice cremonese. Ma l’importante non è la presenza fisica della cantante. E, oseremmo dire, nemmeno la musica che Mina produce. Ormai sappiamo quanto vale, conosciamo la sua voce e la grandezza di un’ugola irripetibile.
La Mina che ci piace festeggiare oggi è la donna che è stata, che è e che sarà. Un modello femminile controcorrente, nell’epoca della sgallettata che sgomita per farsi vedere, che venderebbe la madre per diventare velina, che si chiude per quattro mesi in una casa sotto le telecamere pur di raggiungere la fama. Un modello anche per le donne in politica, almeno per quelle delle ultime ondate, tutte uguali l’una all’altra, tutte allineate e (s)coperte perché, in fondo, o fanno così o stanno a casa. Mina sa di essere il prototipo della donna come dovrebbe essere. E ogni tanto tenta di farlo capire, quando scrive un articolo per un quotidiano o attraverso i versi di una sua canzone. Il messaggio sarà arrivato a destinazione?
Non lo sappiamo, e continueremo a chiedercelo da domani in poi. Per oggi lasciateci festeggiare la Marianna d’Italia, la donna che meglio di tutte le altre potrebbe rappresentare il carattere della nostra giovane Repubblica (nata 6 anni dopo Mina): scapigliata, aggressiva, talentuosa e irregolare. A volte sparisce, abbandona tutto e tutti, eppure è sempre lì, a dimostrarci che, ci sia permesso questo luogo comune, le donne di una volta non ci sono più. Non angeli del focolare, sia chiaro. Ma tigri indomabili che prendono la vita di petto. Come ha sempre fatto lei. E allora auguri di cuore a una donna, un’artista, un mito senza immagine che dell’immaginario è sovrano. Buon compleanno, Mina.
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