Ffwebmagazine
24 marzo 2010
Chi l'ha detto che in Italia non si possono produrre fiction di qualità? Oddio, in effetti le esperienze del passato non sono incoraggianti, è vero. Ci sono stati prodotti ottimi, veri e propri kolossal televisivi, ma sempre su argomenti seri, drammatici, a volte addirittura biblici. Sul versante “leggero”, invece, oltre i Cesaroni il nulla. Soprattutto in Rai. Dall'anno scorso, però, qualcosa sembra essere cambiato. L'arrivo in tv di Tutti pazzi per amore ha sparigliato le carte, ha sconvolto i cliché delle serie televisive di casa nostra. Stefania Rocca ed Emilio Solfrizzi hanno fatto da pionieri nel territorio paludato della fiction made in Rai.
La prima serie è andata benissimo, mettendo d'accordo, come raramente accade, pubblico e critica. Un po' Sex and the city, un po' Almodovar, con un tocco di “cesaronità” per strizzare l'occhio al pubblico nazionalpopolare: la miscela è perfetta. Il tocco finale, il vero ingrediente segreto, è la musica. Ogni tanto i protagonisti cominciano a cantare e a ballare, sottolineando con le note una vicenda, un evento, una situazione particolare. Il risultato è divertente, piacevole, mai banale, ironico.
Dopo un successo simile la Rai non ha ovviamente perso l'occasione e domenica scorsa è cominciata la messa in onda della seconda serie. Non c'è più Stefania Rocca, in gravidanza, è questo è un vero peccato. Anche perché l'attrice torinese aveva la verve e l'ironia perfette per un ruolo del genere. Ma Antonia Liskova l'ha sostituita bene, senza farla rimpiangere troppo. Tutto il resto, però, c'è ancora eccome. Ci sono le amiche in perenne crisi sentimentale, tra le quali va segnalata l'ottima prova brillante di un'attrice solitamente impegnata come Sonia Bergamasco (com'è lontana la terrorista grigia de La meglio gioventù!).
E poi c'è Carlotta Natoli, già pioniera dei primi distretti di polizia con Tirabassi, Memphis e Ferrari, oggi vedova improvvisa di un inedito e divertente Neri Marcoré (il cui personaggio, Michele, è stato stroncato da un infarto proprio sull'altare, mentre stava per sposarsi). A impreziosire il cast, infine, la presenza di due mostri sacri del teatro italiano: Piera Degli Esposti (cinica e spassosissima madre e nonna) e Luigi Diberti.
Fin qui la critica più “tecnica”, classica e scolastica della fiction.
C'è dietro, però, tutto un sistema di valori che vengono veicolati dalle storie di Tutti pazzi per amore. C'è la famiglia allargata (meno pruriginosa di quella dei Cesaroni e soprattutto meno piccoloborghese), c'è il sesso come normale compagno delle vite di ognuno di noi, senza vergogne o tabù, c'è ovviamente l'amore, mai declinato in maniera banale ma sempre come una scommessa rischiosa da rinnovare ogni giorno, c'è anche qualche parolaccia, vivaddio, dopo anni in cui ci eravamo quasi convinti, per colpa delle fiction di casa nostra, che nelle famiglie italiane non scappasse mai un vaffa.
Nella puntata di lunedì scorso, poi, Tutti pazzi per amore è riuscito anche nell'ardua impresa, soprattutto in Italia, di dissacrare persino la morte. Dicevamo della morte del personaggio di Marcoré: ebbene, seguendo le volontà dell'estinto, il funerale è stato caratterizzato da un'esibizione à la Marilyn della vedova, con uno spassoso e allo stesso tempo toccante Bye bye, baby, mentre tutti gli amici e i parenti ballavano e cantavano in chiesa. Qualcuno avrà storto il naso, ne siamo sicuri. Soprattutto quella tipologia di spettatore che è stata abituata a disperarsi per la scomparsa dei personaggi più popolari. Dalla tragica morte del commissario Cattani in poi, infatti, ogni abbandono di un membro del cast di una serie tv deve essere ad alta densità emozionale. Più sangue c'è, meglio è. Più si piange, meglio è. Più è lunga l'elaborazione del lutto, più la sceneggiatura se ne avvantaggia.
Naturalmente anche nel caso specifico che stiamo trattando la morte di Michele non verrà spazzata via con una coreografia hollywoodiana. Ma l'approccio nei confronti della morte che è stato scelto è veramente degno di una tv che non cavalca le debolezze emozionali dello spettatore ma lo aiuta a trasformarle in aspetti positivi, in pillole seppur televisive di ottimismo che non possono far altro che bene.
Il responso dell'Auditel ha promosso anche i primi due episodi della nuova stagione. Lunedì sera, poi, Tutti pazzi per amore 2 è riuscito a perdere di misura (quindi più che dignitosamente) contro la semifinale del colosso defilippiano Amici. E le prove del successo della serie non si fermano qui: Tutti pazzi per amore diventerà un film vero e proprio e, incredibile ma vero, avrà anche un suo omologo spagnolo. Negli ultimi anni era la Spagna a venderci format di trasmissioni e fiction (qualcuno sapeva, ad esempio, che i romanissimi Cesaroni sono figli diretti dei Serrano iberici?), con Tutti pazzi per amore pare si possa invertire la tendenza. E lo si fa, la notizia è proprio questa, con un prodotto moderno, al passo con le sensibilità dei tempi, ironico e intelligente. Tutti attributi che, diciamolo francamente, abbiamo raramente affibbiato a una produzione della nostra tv di Stato. Meglio tardi che mai.
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